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martedì 27 novembre 2012

CHIUDE ILVA DI TARANTO: SCIOPERO E TENSIONE

Dell'ILVA di Taranto già ci eravamo occupati in passato
il 30 luglio
il 18 agosto
e il 23 agosto

La situazione è evoluta fino all'epilogo di stamattina

Dalla lettura delle nostre iniziali prese di posizione, che confermiamo al cento per cento anche alla luce dei più recenti avvenimenti, potrete constatare che, come suol dirsi, avevamo (amaramente) ragione e ci avevamo visto giusto. Purtroppo, anche per il fatto che come AGL siamo nati a giugno, non abbiamo avuto la possibilità di essere presenti, in loco e di parlare direttamente ai lavoratori coinvolti i quali, da anni (ma sembra l'abbia fatto pure l'azienda) si sono costantemente e massicciamente rivolti a CGIL, CISL, UIL. Altri sindacati minori si sono fatti sentire ma ciò non ha spostato il baricentro della strategia del movimento di protesta. I risultati sono stati quindi quelli che conoscete. Delusione e disperazione dei lavoratori. Sindacati che non sanno che pesci prendere. Governo (e istituzioni) completamente rintronati, ai massimi livelli.
Giovedì prossimo è previsto un incontro tra governo, azienda e parti sociali che dovrebbe sfociare in un provvedimento d'urgenza i cui contenuti, allo stato, non è dato conoscere ma che sappiamo già non sarà risolutivo ma solo interlocutorio.
Noi non saremo a quell'incontro ma riteniamo utile, per l'ennesima volta, a futura memoria, ribadire e specificare il nostro punto di vista, radicalmente alternativo a quello degli altri sindacati.
Speriamo di essere chiari, una volta per tutte.
Produrre acciaio , anche senza inquinare, in Italia NON è “strategico”.Non porterebbe da nessuna parte né aumentare le tasse né richiedere prestiti alla collettività per effettuare investimenti che tutti concordano essere dell'entità di miliardi di euro, sia che vengano gestiti dal soggetto pubblico né, men che meno ,dal soggetto privato. Anche se è stato praticato da altri paesi industrializzati di recente (ad esempio il governo USA con la Chrysler ) il concetto di “salvataggio” dell'industria da parte dello Stato con soldi pubblici è sbagliato perchè di corto respiro, oltre che insostenibile in epoca di enorme debito pubblico. E poi gli USA e gli altri paesi industrializzati sono una cosa, il cosiddetto “sistema” Italia è un'altra, con caratteristiche sue peculiari. In esso è evidente che ancora sono in vita (per poco) aziende in crisi che non dovrebbero più esistere. Ad esempio le acciaierie italiane non sono e non potranno essere più competitive nel mondo. Già certi processi sono in corso e sorprende che dal mondo accademico, cui l'attuale governo è così legato, nessuno faccia presente che tra dieci anni l'acciaio, nel mondo, sarà prodotto, a costi per noi insostenibili, da polacchi, cinesi, indiani, sudamericani. Si tratta di produzioni a basso valore aggiunto che troveranno contesti paese più adatti alla loro produzione, rispetto alle caratteristiche dell'Italia. Per l'acciaio l'Europa Occidentale è finita, non ha futuro. Il problema di fronte alle classi dirigenti del nostro continente è investire in attività e imprese che abbiano un futuro. Le aziende che lo hanno sono quelle che producono autonomamente utili, che riescano a mantenersi sul mercato, non quelle che campano di sussidi pubblici. Questo quadro è peggiorato, in Italia, dall'incapacità dei sindacati di pretendere e ottenere aumenti salariali derivanti dalla eventuale riduzione di imposte e contributi. Questi sindacati sono infatti sotto il ricatto e il potere di una pubblica amministrazione mastodontica che vuole ingrassare sempre di più, senza dare servizi decenti e che dà da mangiare a partiti e agli stessi sindacati. Tutto ciò rende non più competitivo il costo del lavoro italiano. Oltre all'acciaio, analogo discorso può essere fatto per il carbone e per la situazione sarda. Le strade che si stanno percorrendo non porteranno a nulla se non a maggiori illusioni e caos. Potevamo arrivarci con più calma e organizzazione. Le classi dirigenti sono state miopi e ora per salvarci dovremo fare in fretta, molto in fretta. Taglio di rami inutili della pubblica amministrazione, mobilità guidata e veloce del personale tra amministrazioni esaurite e quelle che abbiano una prospettiva per evitare licenziamenti, utilizzo massiccio delle zone franche fiscali per promuovere sviluppo, investimento per lo più in turismo e cultura. Questa l'unica via d'uscita, per Taranto e per la Sardegna, dicendo addio all'ILVA e alle miniere. Ma ciò vale in generale per l'Italia e per situazioni analoghe sul territorio. Basta con l'auto a benzina, si parta subito con l'elettrico e con i mezzi di trasporto pubblico. Se FIAT vuole starci bene, altrimenti scindere i destini del nostro Paese da quelli di questa azienda. Come altri hanno detto, ci sono circa due miliardi di persone, dalla Cina e dall'India che già vorrebbero venire a visitare l'Italia ma che non possono farlo per la nostra disorganizzazione nel settore turismo e cultura (ad esempio il nostro patrimonio artistico non è catalogato e digitalizzato) . L'Italia ha i cervelli e gli imprenditori per poter realizzare ciò. Monti li metta in condizione di lavorare. Quando si sostiene che nessun paese al mondo ha una economia che funziona senza la presenza dell'industria, si dimentica di dire che quelle dell'acciaio e quella del carbone sono solo due dei tipi di industria. La divisione del lavoro internazionale sta cambiando, quei tipi di industria che abbiamo avuto nel passato tra poco emigreranno verso paesi nei quali le condizioni per ospitarle sono più adeguate. L'Italia deve avere l'industria ma non di quel tipo. Turismo e Cultura possono procurare, se sviluppati e organizzati, anche più posti di lavoro della decadente industria pesante italiana. L'Italia, altri hanno detto, e a ragione, potrebbe essere per l'Europa quello che la Florida è per gli Stati Uniti, con una qualità della vita incomparabilmente migliore. Capiamo che imprenditori che hanno campato di aiuti statali finora e sindacati che hanno vissuto di trattenute sindacali di lavoratori dipendenti di fabbriche di massa possano essere a disagio in conseguenza di questi cambiamenti. Ma il problema è capire se l'interesse del Paese coincida con loro o con altre esigenze della popolazione. Ovviamente, nel mezzo, ci sono altri casi in cui una produzione (stiamo parlando dei nostri settori di eccellenza) ha senso che rimanga in Italia ma è necessaria una ristrutturazione relativa a caratteristiche organizzative che diminuiscono la competitività. Ma è finito il tempo di sprecare e buttare soldi pubblici. In Italia dobbiamo avere il coraggio di far fallire imprese decotte e superate e di favorire il ricambio ad opera di soggetti più dinamici che creino profitti e posti di lavoro, stimolando la raccolta di capitali dai privati , facilitata dalla detassazione degli investimenti. .
Sorprende che nessun sindacato italiano oltre al nostro abbia il coraggio di sostenere queste cose.
In bocca al lupo agli operai dell'ILVA e dell'indotto, siamo e saremo con loro indipendentemente dal fatto che siano d'accordo o meno con quanto da noi proposto.

giovedì 22 novembre 2012

IL GRANDE REGISTA KEN LOACH RIFIUTA UN IMPORTANTE PREMIO A TORINO E SI SCHIERA CON I LAVORATORI

Comunicato di Ken Loach:
"E' con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film.
I festival hanno l’importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un’eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l’amore e la passione per il cinema.
Tuttavia, c’è un grave problema, ossia la questione dell’esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile.
A Torino sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema (MNC). Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone sono state licenziate. I lavoratori più malpagati, quelli più vulnerabili, hanno quindi perso il posto di lavoro per essersi opposti a un taglio salariale. Ovviamente è difficile per noi districarci tra i dettagli di una disputa che si svolge in un altro paese, con pratiche lavorative diverse dalle nostre, ma ciò non significa che i principi non siano chiari.
In questa situazione, l’organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo, in questo caso, dialogasse con i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione. Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili.
Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo argomento, «Bread and Roses». Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni.
Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio".
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I complimenti dell'AGL al Maestro inglese e la nostra solidarietà a tutti i lavoratori coinvolti.

mercoledì 21 novembre 2012

TAR : DOMANDA RINNOVO PERMESSO SOGGIORNO IN RITARDO? CONCEDIBILE SE......

Questura di Asti. Un albanese chiede rinnovo permesso soggiorno con 2 anni e 7 mesi di ritardo.La Questura rifiuta e lo straniero fa ricorso al TAR Piemonte.Il TAR gli dà ragione e sentenzia che il permesso va comunque rinnovato in quanto la tardivita' della richiesta non puo' costituire sufficiente motivazione di diniego.L'immigrato, lavoratore subordinato, non aveva giustificato il ritardo.I giudici, pero', dopo avere fatto presente che non esistono termini perentori, hanno sottolineato che lo straniero di cui trattasi e' ben inserito dal punto di vista sociale e lavorativo sul territorio nazionale e ha manifestato in maniera inequivocabile la volonta' di soggiornare sostenendosi con i proventi derivanti da attivita' lecitamente svolte.

venerdì 21 settembre 2012

AMIANTO QUESTIONE IRRISOLTA. E NESSUNO SE NE OCCUPA PIU'

LA MAPPA DELL'AMIANTO IN ITALIA



Incredibile a dirsi ma ancora in Italia quella dell'amianto è una questione irrisolta e, per di più, lontana dai riflettori. Il problema è tanto più grave nelle regioni (qui sopra ve ne forniamo la mappa) in cui stata è consistente in passato la presenza di aziende che ne facevano utilizzo. Tale rischio permane alto, in ragione della considerevole presenza e diffusione in quantità pericolose nei luoghi di lavoro e nelle lavorazioni, nelle abitazioni e nelle strutture pubbliche e private. Una realtà rimossa dalle istituzioni, spesso sconosciuta e sottovalutata dagli stessi cittadini non informati adeguatamente .La legge 257/92 , oltre a vietare l'uso dell'amianto e ad imporne lo smaltimento, delegava alle Regioni la definizione dei piani di bonifica e la loro realizzazione. In maniera scandalosa le previsioni di tutela previdenziale della legge sono state artatamente depotenziate ,privando i lavoratori esposti del beneficio dell'uscita anticipata dal mondo del lavoro. E' urgentissimo riprendere sul territorio l'opera di rimozione e smaltimento dell'amianto, vigilando in modo diffuso per verificare che ciò avvenga una volta per tutte. Occorre sensibilizzare, informare e prevenire il rischio amianto, verificare l'applicazione delle leggi con il monitoraggio della situazione attuale e soprattutto riproporre l'effettiva tutela dal punto di vista sanitario di coloro che in passato sono stati inconsapevolmente soggetti alle conseguenze devastanti dell'esposizione professionale, della manipolazione, dell'uso e dell'inalazione dell'amianto e di quanti lo sono tuttora.

mercoledì 5 settembre 2012

TAV EUROPA: IL CORRIDOIO NON HA PIU' CAPO NE' CODA

Dopo il Portogallo, anche la Russia si tira indietro.

Leggi l'articolo:

http://petrolio.blogosfere.it/2012/09/tav-europa-il-corridoio-non-ha-piu-ne-capo-ne-coda.html

Osserviamo, sommessamente, che in Italia siamo ancora in attesa dal Ministro Passera di un Piano Nazionale dei Trasporti (e ciò sta mettendo in forse migliaia di posti di lavoro) e che di oggi è la notizia che uno dei motivi per i quali non si stanno trovando acquirenti stranieri per l'ALCOA è nell'insufficienza delle infrastrutture e dei trasporti in Sardegna..
Quei pochi italiani che questa estate hanno potuto permettersi di andare in ferie hanno avuto modo di rendersi conto in che stato sia la nostra rete ferroviaria ordinaria.
A buon intenditor, poche parole....

lunedì 27 agosto 2012

VICENDA DEI MAROCCHINI LICENZIATI A TORTONA (AL) CON UN CARTELLO.PONIAMOCI ALCUNI INTERROGATIVI.

Questa la notizia


E questo è il servizio del TG3




Ringraziamo tutti i partiti, i sindacati e le associazioni locali che si sono mobilitati per dare aiuto a queste persone.


Però, in un momento in cui il Ministro Fornero afferma che con le sue misure cambierà in maniera decisiva il mondo del lavoro, crediamo sia necessario porsi alcune domande. Perchè forse il vero cambiamento del lavoro in Italia parte dalle relative risposte.


  1. siamo ricchi di Associazioni datoriali di tutti gli orientamenti e tendenze. Anche in campo agricolo. La storia del lavoro nei campi è stata molto dura nel nostro Paese. Queste cose le abbiamo viste da anni. Eppure: quanto tempo è ancora necessario affinchè si porti un po' più di civiltà nel mondo agricolo italiano? Stanno lavorando su questo le Associazioni o fanno finta di non vedere per non perdere iscritti o potenziali iscritti?
  2. Visto che le Aziende della Grande Distribuzione amano essere protagoniste di convegni sulla Responsabilità Sociale, non hanno nulla da dire su questi episodi? Non dovrebbero essere loro, visto che non possono non sapere, a dissuadere questi loro fornitori dal comportarsi in questa maniera?
  3. Notare un passaggio importante. Non è che l'azienda abbia interrotto i rapporti dopo un verbale conclusivo dell'Ispettorato del Lavoro o di qualche altra Autorità di controllo. No: i lavoratori si sono rivolti alle Autorità, i datori l'hanno saputo (da chi?le indagini, in certi casi non dovrebbero essere segrete?) e hanno cacciato in quella maniera i lavoratori. E nessuna Autorità ha reagito (non dico per i lavoratori, ma almeno per tutelare la sua immagine e il suo prestigio) Sorgono spontanee delle domande:
    a) quali sono le condizioni operative degli Ispettorati del Lavoro sul territorio?Da quanto dura questa situazione? Cosa si è fatto in concreto da parte dell'Amministrazione e da parte di ogni Sindacato del lavoro pubblico?
    b) l'Italia è un Paese libero. Ma la legge esiste ed è più o meno fatta rispettare. Se rubi al supermercato la guardia giurata ti impedisce subito di farlo. Se rubi in un appartamento i Carabinieri ti pigliano, subito o arrivano a te con le indagini. Quindi grande attenzione alla tutela del patrimonio. Così come alla tutela delle donne e dei bambini. Perfino degli animali (c'è stato un inasprimento delle sanzioni anche in questa materia). Se metti la macchina in divieto di sosta arriva il vigile che ti fa la multa e se necessario chiama il carro attrezzi. Il tratto comune è questo: se ti comporti in una certa maniera l'Autorità interviene subito a fermare l'illecito e a porre fine al danno. Adesso anche allo Stadio. Nel mondo del lavoro, no. Il datore di lavoro può combinare qualsiasi cosa (schiavizzare le persone, affamarle, rovinare le famiglie licenziandole, consentire a un capo reparto di minacciare gli operai, procurare incidenti anche mortali,ecc.) ma il lavoratore, per avere giustizia, deve aspettare anni per averla, a spese sue, con la concreta possibilità, poiché oggi va di moda, che il lavoratore si veda dare torto perchè magari non ha potuto pagarsi il migliore avvocato. Nel mondo del lavoro (chissà chi l'ha deciso e ci piacerebbe sapere cosa ne pensano i sindacati “conflittuali”) non esistono attività di intelligence, sotto copertura (cioè in incognito), riprese con telecamere nascoste, riprese (a scopo dissuasivo, per esempio nei cantieri) con telecamere fisse (collegate alle forze dell'ordine o, basterebbe, con gli ispettorati del lavoro -signori, avete i Carabinieri nelle DPL, lasciateli lavorare, loro saprebbero cosa fare) . Ma soprattutto non esiste (è vietato da anni persino pensarlo) il pronto intervento. Ve l'immaginate una “squadra mobile” dell'Ispettorato del Lavoro?Solo in un caso questo avviene: quando c'è da andare a constatare il decesso di un operaio sul lavoro. Quando chi uccide o rovina un lavoratore avrà la stessa paura di essere colto sul fatto e punito che oggi ha chi ruba una mela al supermercato allora potremo dire di essere un Paese civile. Prima no: mettetela come volete ma in materia di lavoro siamo ancora un Paese di ipocriti, di illusi, di struzzi che mettono la testa sotto la sabbia. Ministro Fornero, ci dimostri che Lei non lo è.
  4. Ma il passaggio che a nostro parere è intollerabile è quello relativo alla notizia che l'attività sia passata a una cooperativa con lavoratori indiani. E l'impegno di chi prima aveva reagito sembra fermarsi lì, così come l'indagine del giornalista (e speriamo che non sia così per l'ispettorato del lavoro, per la Procura e per il Ministero dello Sviluppo Economico).
    a) ma scusate: forse che una cooperativa è autorizzata a pagare un lavoratore agricolo 4 euro l'ora?
    b) ma ri-scusate: forse i lavoratori indiani sono esseri umani di serie B o crumiri da punire, visto che per loro quelle condizioni sembrano accettabili da parte di chi non dice altro?
    c) e, ripetiamo, su questi sviluppi, le Associazioni datoriali (Agricole, della Grande Distribuzione) e le Centrali Cooperative non hanno nulla da dire? E il famoso tavolo della Prefettura è stato sparecchiato? E l'Osservatorio sulle Cooperative presso la DPL di Alessandria?E il Ministero dello Sviluppo Economico (autorità di vigilanza sulle cooperative)? Non sarebbe meglio prevenire piuttosto che muoversi dopo che ci scappi il morto o che delle persone continuino a soffrire una condizione di schiavitù? Ah, dimenticavamo: per la legge italiana il mondo del lavoro è come gli Stadi di calcio di una volta: tutti vedono, tutti sanno cosa succede ma non si interviene perchè non è opportuno. Sempre che qualcuno non rimanga accoltellato.




Sappiano però i lavoratori, italiani e stranieri, che questa situazione non migliorerà senza lottare non solo per sé ma per tutti. Quindi starà a loro, organizzandosi in maniera continuativa e incisiva, dando fiducia a veri sindacati, non a propagandisti politici di ogni colore, rischiando di persona, conquistarsi nuove leggi e, intanto, far applicare seriamente quelle che esistono già.

venerdì 3 agosto 2012

3 AGOSTO 2012: FIRMATA LA CONVENZIONE TRA L'AGL E L'ASSOCIAZIONE "ITALIANI DEL BRASILE"

Oggi, a Milano, tra il Presidente dell'Associazione "ITALIANI DEL BRASILE" Dott. Ermanno Mesiano e il Segretario Generale della confederazione sindacale dei lavoratori "A.G.L. ALLEANZA GENERALE DEL LAVORO" Roberto Fasciani è stata stipulata una convenzione il cui oggetto è "la creazione di un vero e proprio rapporto osmotico tra Associazione e Sindacato , seppur nell'ambito delle rispettive individualità, onde consentire ai rispettivi iscritti di avvalersi dei peculiari servizi offerti. La possibilità di tale reciproca fruizione di servizi è finalizzata alla massima copertura delle esigenze manifestate dai rispettivi iscritti".
Il Segretario Generale AGL Fasciani, a conclusione dell'evento, ha dichiarato: "Esprimiamo la più grande soddisfazione per questo storico passo avanti della nostra Confederazione, a soli due mesi dalla sua fondazione.In conseguenza della stessa è imminente l'apertura di nuove sedi dell'AGL nelle principali città brasiliane e il nostro Sindacato si proporra' come nuovo punto di riferimento non solo per l'organizzazione dei milioni di lavoratori italiani o di origine italiana presenti in Brasile ma, novità nella novità, avendo ottenuto tutti i riconoscimenti previsti, come primo sindacato italiano che cercherà di associare lavoratori brasiliani nella loro Patria, ponendosi come alternativa ai Sindacati locali. Si cercherà quindi di esportare in Brasile il Sindacato "Made in Italy", in coincidenza con il successo (ma con le immaginabili criticità) che note aziende italiane stanno ottenendo in quel Paese."

giovedì 28 giugno 2012

INDESIT DI NONE (TO): IL NODO DELOCALIZZAZIONE

Viene da sorridere pensando che la delocalizzazione, lo spauracchio di oggi, sia nata nel 1492, con la scoperta dell'America.
E che da allora sia andata avanti perchè ritenuta essenziale per lo sviluppo e inarrestabile, pena l'arretramento del benessere.
Il lavoro allora diventa come una coperta troppo corta nel letto in cui dormono più persone: occorre cercare di tirarlo a sé a scapito degli altri per più tempo possibile. E' una battaglia per la sopravvivenza dei territori. Che però possono combattere per sopravvivere. Ma, di solito, vince sempre chi cerca di attrarre lavoro, cioè chi attacca, difficilmente chi si difende ossia chi vuole trattenere il proprio lavoro. Stiamo parlando di nazioni in cui c'è concorrenza tra regioni e di continenti in cui c'è sfida tra nazioni. Esistono in teoria regole ma non soggetti forti che sappiano e limitare la perdita di benessere delle zone meno competitive. Per definizione sono le multinazionali a suonare la musica.
Come attaccare (attrarre)? Adottando imposte sui redditi e regole IVA favorevoli rispetto ai paesi concorrenti. Come difendersi? Disincentivare l'uscita del lavoro dal proprio Paese imponendo vincoli alle aziende che delocalizzano altrove (più tasse, visto che i profitti sempre , di fatto, in capo al soggetto imprenditoriale che ha sede nel paese di partenza prima o poi ritornano oppure obbligo di restituzione di contributi e aiuti pubblici ricevuti nel caso in cui poi l'impresa vada a investire con quei soldi all'estero).
Grande risonanza sta avendo negli USA la iniziativa bipartisan relativa ai call center indiani (leggi qui http://www.economiaweb.it/usa-dichiarata-guerra-ai-call-center-indiani/ )In Italia siamo un po' indietro. Leggendo (qui http://www.torinotoday.it/economia/lavoratori-indesit-assemblea-28-giugno-2012.html ) la notizia della protesta dei lavoratori dell'INDESIT di None (TO) a cui manifestiamo tutta la nostra solidarietà, stupisce di trovare ancora di sindacati che hanno un approccio infermieristico alla questione, pendendo dalle labbra del funzionario di turno del Ministero dello Sviluppo Economico o della Regione. Ci domandiamo cioè perchè questi Sindacati non utilizzino tutti i loro legami politici per fare in modo che iniziative politico-legislative sulla questione non restino prerogative di forze politiche e di personalità dignitosissime e meritevoli , per carità, ma, per il momento, un po' “marginali”.Alcuni esempi: questo http://www.italiadeivalori.it/territorio/veneto/14756-lavoro-ditec-subito-legge-contro-delocalizzazione , questo: http://www.youtube.com/watch?v=gpfXG3lM5rM e questo http://www.prov-reggioemilia.leganord.org/index.php?option=com_content&view=article&id=24:finanziamenti-per-mercati-esteri-usati-per-delocalizzare&catid=27&Itemid=116 .
Anche se la colpa non è mai dei lavoratori, per questa volta vorremmo pregare i “rappresentati” (i lavoratori) di reagire alla disperazione e di sollecitare i “rappresentanti” (i loro dirigenti sindacali) a bussare alla porta dei loro onorevoli di riferimento per darsi una smossa in materia. Non è detto infatti che a qualcuno possano venire idee migliori, oltre a quelle attualmente sul piatto. Certo occorre coraggio su due terreni da sempre ostici per certi sindacati: l'imposizione di regole severe alle imprese a tutela del pubblico interesse (un pizzico di dirigismo statalista ) e la “flessibilità” fiscale (un pizzico di liberismo). Due ingredienti che , nella giusta dose, senza eccedere, combinati con accortezza, ogni tanto potrebbero essere di giovamento all'ammalato grave: il mondo del lavoro italiano.

venerdì 22 giugno 2012

SULLA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI ROMA CHE HA ORDINATO L'ASSUNZIONE DI 145 LAVORATORI ISCRITTI FIOM NELLA NEWCO FIAT DI POMIGLIANO E SULLE POLEMICHE SCATURITE.

  • le sentenze vanno rispettate (e non solo per opportunità, come Passera ha fatto intendere) non etichettate politicamente (come ha fatto gran parte della stampa di area moderata)
  • chi dice (Sacconi) che la sentenza mette a rischio investimenti dall'estero non può pretendere che in cambio di lavoro e denaro (che lui non ha attratto negli anni in cui ha governato) l'Italia diventi una repubblica delle banane
  • la sentenza è il risultato dell'applicazione di regole e il mondo civile si fonda sulle regole
  • nessun datore di lavoro dovrebbe conoscere quanti lavoratori appartengono a un sindacato e la loro identità.Se fosse stato così il tentativo di Marchionne sarebbe fallito sul nascere
  • ad esempio nelle piccole aziende (pensiamo, cari colleghi del sindacato, anche a quei lavoratori, spesso dimenticati) , addirittura, la delega a qualunque sindacato è l'anticamera del licenziamento
  • occorre trovare un sistema migliore di protezione per il lavoratore (quelli previsti non hanno funzionato) per tutelare la sua libertà di adesione al sindacato, non deve essere cioè questa per forza materia di giudici. In questo senso, l'accordo interconfederale di giugno 2011(con la scelta di tornare a valorizzare le RSA a scapito delle RSU e di “contare” le deleghe, come unico mezzo di espressione della rappresentanza dei lavoratori) potrebbe rivelarsi un attentato strisciante alla libertà di scelta sindacale dei lavoratori più pesante di quello operato da Marchionne
  • Addirittura a volte la delega ai maggiori sindacati è una specie di pizzo che il lavoratore paga per la propria tranquillità. Non vorremmo che una volta “sistematesi” la FIOM con le sentenze e le altre sigle con gli accordi separati FIAT, la vita non diventasse impossibile veramente per i non tesserati e per quelli appartenenti a sigle nuove che volessero farsi spazio
  • Paradossalmente , si tutela il voto segreto in Parlamento (comunque esercitato da soggetti forti) e non la riservatezza dell'appartenenza di un lavoratore (soggetto debole) che non voglia esserne dirigente, ad un sindacato
  • Non è possibile introdurre però la lottizzazione tra sigle sindacali anche delle assunzioni
  • E' l'operazione di pulizia etnico-sindacale compiuta dalla FIAT con la new company, una inedita forzatura nel panorama politico-sindacale italiano, ade aver originato questa spirale di guerra giudiziaria
  • L'imprenditore non può violare le norme anti-discriminazione, lanciare il sasso e poi nascondere la mano dietro la salvaguardia di un principio di libertà d'impresa di cui lui per primo ha abusato
  • Dietro questa vicenda, più che l'inadeguatezza della giustizia, vi sono: il fallimento del collocamento pubblico e privato, il ritardo culturale dell'imprenditoria italiana, l'impotenza della politica e del governo nei confronti della grande impresa
  • L'appartenenza o meno a sindacati in fabbrica solo in Italia è un problema irrisolvibile. Siamo un paese arretrato, in materia di convivenza civile e cultura dei diritti. Notare che ancora una volta solo degli obblighi provenienti dall'esterno (l'Europa) consentono al nostro Paese di fare un passo avanti. Anche su questo, da soli, non ce la facciamo.
  • Stupisce il silenzio “speranzoso” delle sigle sindacali diverse da CGIL, da mesi, su questa questione della discriminazione FIAT ai danni di FIOM. E' una brutta pagina del sindacalismo italiano. La FIOM può anche aver peccato in passato , in Italia, di arroganza e tentato di monopolizzare la rappresentanza sindacale. Ma non si reagisce a ciò stando a osservare la decimazione di tale soggetto (seppur rivale) da parte del padronato. Non sognamo certo il ritorno dell'unità sindacale stile anni settanta. Ma è indubitabile che quando si parla di libera agibilità del sindacato nelle fabbriche questo principio lo si debba difendere non solo per se stessi ma per tutti i sindacati.
  • La UILM ci risparmi ridicoli ricorsi contro la sentenza del Tribunale di Roma. La FIAT ha già ottimi avvocati che la tutelano e ci manca solo che in Italia i Sindacati dei lavoratori, in periodi di crisi occupazionale, facciano ricorsi contro assunzioni. Verrebbe quasi da pensare, malignamente, che i giudici romani abbiano inconsapevolmente mandato all'aria una lottizzazione delle nuove assunzioni adottata d'accordo tra FIAT e certi sindacati.Certo la FIAT non fallirà per 145 operai in più. Potrebbe anche mantenerli (lo diciamo provocatoriamente, non si scandalizzino gli aziendalisti di sinistra) grazie a tutti gli aiuti ricevuti in passato dai contribuenti.
  • E per fare un esempio di come sarebbe possibile voltar pagina, ricordiamo che il Tribunale di Modena, nei giorni scorsi, ha sollevato la questione di costituzionalità dell'art. 19 dello Statuto dei lavoratori (quello che detta le regole per costituire le rappresentanze sindacali in azienda).I maggiori sindacati dimostrino maturità, essendo capaci assieme di proporre al Parlamento, a quasi vent'anni dal referendum , una soluzione democratica e partecipativa al tema della determinazione della rappresentatività in azienda e smettendo di scavare buche l'uno sotto i piedi dell'altro. Mentre i lavoratori (attivi o inattivi loro malgrado) sono sempre più soli, sfiduciati e impoveriti